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Faraone-Fanaccia: è giunzione!

Sabato 8 e domenica 9 dicembre 2012

Ebbene sì, è andata anche questa. Abisso Faraone e Sperucola della Fanaccia sono ormai un sistema unico di oltre 10 km per 780 m di dislivello destinato a crescere ancora! Il coronamento di una testardaggine decennale tutta bresciana che, nel cuore dei Massesi (la piccola ma tormentata area carsica all’ombra del Pisanino), ha disegnato un complesso tridimensionale dove in una quarantina d’anni non era mai stato trovato un solo metro di galleria.
Tutto nacque nel 2003 da un mio beffardo pendolo sul P.100, allora primo ed unico pozzo della ventosissima Fanaccia a cui eravamo giunti in gruppo per una vera e propria spedizione di disostruzione. Quando sospesa in una quinta di marmo occhieggiava a mezz’aria un’innocua condottina ascendente sfuggita anche agli esploratori toscani più smaliziati… Appena oltre, un P.210 (Mai dire Mai) portò ad una frana ingorda di lavoro prima di spalancarsi, mesi dopo, su 5 km di gallerie. Seguirono arrampicate, approfondimenti, laghi, canotti e pure sifoni superati con le bombole. A parte il difficile fondo a -595, il luogo più remoto venne raggiunto a sei ore dall’ingresso dalla stoica coppia Frizzi-Mauri nel 2007 in occasione dell’ultima di tre punte dedicate all’arrampicata dell’imponente camino del’Esorcista, verticale da 150 metri risalita per 120 metri buoni: il nome per la cronaca lo proposi dopo essere rimasto abbracciato ad un armadio a 2 ante mentre arrampicavo a 40 metri da terra completamente slegato, visto che avevo ordinato a Frizzi, sotto una decina, di mollare la sicura e rintanarsi nella condotta del traverso… Poi un boato infernale ed il terrore di seguirlo. Infine il riscatto sul secondo tiro con il Mauri bardato di sacco da pattumiera a mo’ di impermeabile a farmi sicura sotto cascata mentre salivo altri 40 metri di VII dolomitico con solo 3 fix e forse il primo tallonaggio ipogeo… Ma questo lo racconteremo un’altra volta…
Se in grotta poi oltre quel camino a lame lasciato lassù niente era ancora stimolante, il fiume di vento estivo della Speluca continuava a far sognare un degno ingresso alto: risale al 2005 l’inizio di una campagna di scavi furiosi trascinata dai sempre più alienati Mauri e Frizzi che insistettero per ben otto anni, con addirittura un campo di una settimana in due, organizzando tante fruttuose uscite di gruppo: non ci sono parole, ne’ specialisti psichiatrici del resto, per raccontare l’assurda disostruzione messa in atto sul fondo dell’Abisso Faraone a -130. La cronaca di quest’estate ci ha già raccontato dei 25 metri del cunicolo della Lucida Follia, lo stargate per entrare in un’altra dimensione. Ma che rischiò addirittura di essere abbandonato se non fosse stata la curiosità della Zia Roby a scrutare furtivamente nell’ultimo pertugio! Il Faraone avrebbe così riposato nel suo sarcofago: niente P.180, niente piano di gallerie chilometrico a -400 e niente collettore che continua a -600. Soprattutto niente complesso. Ma per fortuna la fiaba, la conoscete tutti, non poteva finire se non con il solito “E vissero felici e contenti”…
Dunque sabato, sfidando equilibri familiari, temperature polari e peggio la copiosa nevicata della notte prima, ci ritroviamo addirittura in dodici! Undici bresciani ed il solito genoano Francisco. Come se la giunzione nell’aria fosse meglio di una sciata…
A Gorfigliano, siamo ormai rassegnati a 3 ore di marcia dal paese quando il gentilissimo local Andrea, impietosito da quella che parrebbe iniziare come la Caporetto della speleologia bresciana, si gioca il trattore per trasportare basti e bestie! Un’ora e mezza in meno, davvero un ottimo presagio in aria di giunzione.
Battendo traccia i 15 cm di neve presto diventano 2, 3 volte tanto: fuori dal bosco si fa veramente una fatica immonda. All’ingresso cambiarsi nell’aria tagliente non è banale poi finalmente giù completamente intirizziti. Sul secondo terrazzo del P. 180 Giò, Topo, Fallocefalo per motivi diversi (dall’acetilene che fa i capricci alle vocine passando per l’acido lattico) decidono di uscire non sapendo che dove dormiranno alla locanda in paese ci saranno però gli stessi 5 gradi…
Rimaniamo in nove decisi a ribaltare il Ramo Gardaland dove Frizzi e la Zia Roby avevano fiutato l’ennesimo approfondimento. Se non quello buono, certamente si trattava di un pozzo aperto in posizione a dir poco strategica, poco distante da una perdita attiva intransitabile che la topografia relegava alla terribile distanza di soli 7 metri dalla sottostante Fanaccia! “Possibile? Ma i rilievi saranno esatti? ”: queste la domande che ci tormentavano da due settimane.
Dopo aver fatto crollare delle enormi lame che incombevano come ghigliottine sulla strettoia d’accesso, sono sulla verticale. Aria decisa, vedo un fondo piatto e tante lame instabili. “Mauri, ma com’era la saletta sopra la vostra ultima risalita sull’Esorcista?” Metto il primo fix poi giustamente lo faccio passare. Frazionamento poi un bel deviatore ed è sul fondo. A destra e sinistra lui sta già cercando riscontri al turbinio dei ricordi. “Aspetta, aspetta”, mi urla. Scende un gradino poi quello che succede a questo punto nella sua testa è l’indescrivibile sensazione di quando ritrovi un pezzo di te stesso in una sorta di cortocircuito celebrale: Mauri è davanti alla sua ultima corda, alla prova di quanto la realtà superi la fantasia. Giunzione, Giunzione! Giunzione urlata fino a perder la voce.
Scendo urlando a mia volta. Ci abbracciamo tirandoci pacche pazzesche sulla schiena, indemoniati pronti all’esorcista appunto. A ruota scendono tutti. Alla base del P.15 è una festa: foto, urla e tanta commozione. Blocchiamo Frizzi prima che dalla gioia si butti nel suo pozzo in preda al demonio…
Fantastico essere qui così in tanti, tutti bacati: Viky, Katia, Benji, Spara, Juri, Frizzi, Mauri, Francesco ed io; qualcuno in stile profezia maya fa notare che sono le 8 e 12 dell’8/12 e che eravamo entrati in dodici… Ma allora le vocine c’entrano qualcosa? Dopo toccatina scaramantica, foto e autoscatto di rito bisogna comunque ripartire per rilevare e finire delle arrampicate. Siamo ancora in pieno delirio quando Frizzi, risalito per primo, ci gela il sangue con un imperativo “Via tutti da sotto!”. Trattenuto da un suo piede un blocco da 2 metri cubi che nessuno aveva valutato mobile stava per scivolare come un incubo sopra le nostre teste. Facciamo appena in tempo a cacciarci allongiati in otto sul vuoto della testa dell’Esorcista quando un boato allucinante scuote profondamente ogni cosa. Addirittura le pareti sembrano avere un sobbalzo! Alcuni sassi più piccoli schizzano sulla schiena dei più esterni ma in una frazione di secondo assaporiamo la gioia di esserci ancora tutti. Che emozione, avrebbe detto il Tanfo! Che caga tremenda tutti i normali! All’unanimità il pozzo della giunzione, ora più comodo perché alla base ci sono 2 metri in meno di corda da fare, viene per l’occasione battezzato Shining…
Quando usciremo non ci sarà ne’ il freddo pungente dei 10 gradi sotto lo zero ne’ il lungo rientro a piedi nella neve ma solo un motivo in più per brindare a pancia piena assieme all’amico Daniele con dell’ottimo Berlucchi, del tutto casualmente bresciano…
Resterà allora il sapore di un’altra splendida avventura tutta GGB nei marmi d’Apuane. Di un’altra giunzione storica. Di quei lavori forzati fatti a 270 km da casa. Delle decine di sms di complimenti. Di tanti altri viaggi.
Resterà soprattutto il sapore di quella visione quando ancora non c’era niente.
Matteo Pota Rivadossi

Senza le acrobazie di Andrea e del suo trattore sarebbe stata dura!

Ultime fatiche dell'avvicinamento in 50 cm di neve fresca

Faggi caduti sulla marmifera della Fanaccia

Mauri e Frizzi congiungono Faraone e Fanaccia!

I magnifici 9 alla base dello Shining, pozzo della giunzione

Operazioni di rilievo nel Ramo Gardaland

Katia al bivio che conduce sul P.14 Shining

Controluce nel Ramo Gardaland

Colonna lungo le belle gallerie del Ramo a Valle

Katia lungo il Ramo a Valle

All'uscita l'esuberante Benji finalmente sedato

Il versante settentrionale del Pisanino (1947 m), la vetta più alta delle Alpi Apuane

Brindisi storico nella bottega di Daniele Casotti a Gorfigliano


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