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ASSALTO ALL’ACQUA BIANCA


La sorgente dell’Acqua Bianca

L’Acqua Bianca è una sorgente carsica tra quelle con maggior portata idrica del bresciano, sicuramente quella più bella con la sua spumeggiante cascata di una quindicina di metri d’altezza per 4-5 di larghezza. E’ situata ai piedi di un grosso pilastro roccioso a circa 600 metri di quota, poco sopra Forno d’Ono, una delle tante frazioni che costituisconi il comune di Pertica Bassa (Valsabbia). Il paesaggio montuoso tutto intorno è aspro, impervio ed assai articolato, fatto di ripidi pendii (boscosi in basso ed erbosi in alto) interrotti spesso da balze rocciose, canaloni guglie dolomitiche e profondi valloni. Qua e la piccoli pianori e cucuzzoli sospesi da sempre vengono faticosamente sfruttati come pascoli. Dal punto di vista carsico, il bacino che potrebbe essere drenato da questa importante sorgente va dal monte Ario (1755 m) alla Pezzeda (1799 m) fino al massiccio dolomitico della Corna Blacca (2005 m), montagne messe a cavallo tra la Valsabbia e la Valtrompia. Tra le varie rocce che compongono questo complesso montuoso a far da padrone sono soprattutto il fratturatissimo calcare di Angolo e la dolomia Principale. I fenomeni carsici superficiali sono scarsi e rappresentati da qualche pianoro sospeso dove poche sparute dolinette stanno ad indicare la presenza di zone d’assorbimento. Lo scorrimento idrico superficiale a quote medie e medio-alte è poca cosa: qualche ruscello è presente qua e là. In basso però, l’Acqua Bianca, sicuramente non è l’unica sorgente, infatti quando il torrente da questa generato giunge a Forno d’Ono si unisce ad un altro corso d’acqua, quasi della stessa portata, proveniente dalle pendici dell’Ario e dalla Vaghezza.
Da sempre conosciuta e sfruttata dall’uomo, questa sorgente come tutta la zona è stata praticamente ignorata dagli speleologi (se si esclude una recente ed ancora in corso campagna di scavi in una piccola e ventosa cavità sul versante valtriumplino del monte Ario). La recentissima presa in considerazione è avvenuta a seguito di un’escursione in Mountain Bike. Transitando sotto la grossa ed inaspettata sorgente, uno speleologo prestato alle ruote grasse non poteva che rimanerne sbigottito ed incuriosito: da dove verrà tutta quell’acqua, quale sarà il su percorso ipogeo, sono le ovvie domande che si è subito posto. L’immaginario dell’esploratore, pure esperto, fatica a correre questa volta. La zona è apparentemente articolata, spezzata in blocchi da varie fratture, non sembrerebbe neppure in grado di assorbire gran che, eppure ha un collettore sotterraneo di questa portata.
Dalla sorgente non si può entrare in alcun modo e allora bisogna cercare eventuali accessi fossili, ormai abbandonati dall’acqua e transitabili dall’uomo.
Scorrendo l’occhio sulla parete rocciosa sovrastante, 20-30 metri più in alto, lungo un evidente frattura verticale, si scorge una volta tonda in una grossa nicchia che subito fa pensare ad una condotta forzata. Le antenne si drizzano, la fantasia fa già scivolare la mente lungo infiniti vuoti sotterranei producendo sogni ancora troppo precoci.

La dura realtà ci riporta, pochi giorni dopo, a misurarci con la crudeltà dei fenomeni carsici bresciani, avari e poco inclini a farsi penetrare dai seppur ostinati speleo esploratori. La condotta altro non è che una nicchia, sul fondo della quale vi è solo un piccolissimo, insignificante buchetto. Neppure una veloce battuta lungo la valletta sovrastante porterà a scoperte significative.
Prima di disperdere altre inutili energie ora è importante raccogliere eventuali segnalazioni dalla gente del luogo, ed acquisire migliori conoscenze della zona.

Un nuovo bel rompicapo speleologico rischia di infiltrare le nostre menti tarlate nel prossimo futuro…

Gianni Garbelli


Gianni Garbelli impegnato nell’arrampicata


La sorgente vista dalla valle


Valle del gorgo a monte della sorgente


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