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Malaboka

Malaboka (Kanin, Slovenia)

Approfittando delle bassissime temperature, nell’inverno 2005 sono riprese le esplorazioni italo-slovene alla estenuante Malaboka, ingresso unico e basso di un vasto bacino ipogeo che sbuca a 370 m di quota nei pressi della più famosa Boka, la spettacolare risorgenza a cascata visibile qualche chilometro prima di Bovec.
Della Malaboka probabilmente queste righe sono la prima descrizione in italiano ma altrove la sua aura infernale è già leggendaria: questo grazie anche alla sua difficile accessibilità, possibile esclusivamente nel periodo invernale e solo in determinate condizioni. Anche in secca invernale infatti tutta la prima parte rimane sempre pericolosamente minacciata dalla presenza di vari sifoni alimentati da apporti diversi che, anche nell’ipotesi di un soccorso speleolsubacqueo, non sarebbero mai superabili per sviluppo e morfologia: insomma, basta una giornata con qualche grado in più o un’inversione termica e fine dei giochi…
Bel posto, mi direte! Immaginatevi di entrare a ritroso nel freatico colorato di blu nelle diapositive sul carsismo, un budello che si disinnesca e si riempie quando decide lui. Immaginatevi adesso che da quì, in barba ad ogni buon senso, le esplorazioni in questi anni si sono spinte nei luoghi più distanti della speleologia mondiale! Un’esplorazione da record, folle e potente, che certamente merita di più di una breve cronistoria.
Se il primo chilometro di condotte a ridosso del grande ingresso che funge da risorgiva temporanea è storico, il grosso del lavoro esplorativo è stato condotto negli anni ’90 soprattutto dai fortissimi locali Dean e Milan che arrampicando rocambolescamente esplorano 4 km di gallerie ventose per 400 metri positivi a suon di campi, sempre soli o con pochi amici. Risalgono dei fossili capricciosi poi un importante canyon attivo che esplode in un dedalo freatico esattamente nel cuore del Kanin, 1500 metri sotto gli assorbimenti più vicini..

A 12 ore dall’ingresso, in corrispondenza di un profondo pozzo-camino viene smarrita la corrente d’aria e l’entusiasmo se ne va.
Poi nel 2002 arrivano i bresciani che sbloccano la situazione con un assurdo traverso e la Malaboka riparte dalle enormi gallerie di Tora Bora scolpite nella violenza del vento. Da allora la collaborazione con gli amici sloveni di Koper e Tolmin è massima e proficua: la topografia arriva agli 8 km e le arrampicate a +720m anche se le punte di 3 giorni non riescono ad essere mai più di 2-3 all’anno. Le ultime novità di gennaio e febbraio 2005 sono vari giochi di prestigio sulla testa di un enorme camino terminale da 100 metri che stringe ma contemporaneamente la scoperta più in basso della prosecuzione principale al di là di preoccupanti passaggi semisifonanti da affrontarsi con muta e grande passione. Il tutto a venti ore dall’ingresso e sperando che fuori nel frattempo non arrivi un imprevisto anticipo della primavera…

E cercare un’altra entrata? Tante promesse estive ma poi arriva l’inverno sucessivo. Tutti sappiamo che lassù ci sono una decina di ingressi che renderebbero la Malaboka un’avventura terrena: una traversata da 1400 metri nella peggiore delle ipotesi o un sistema da 2000 nella migliore.
La cosa assurda è che, di ingressi alti, bisognerà trovarne uno per forza quel giorno sbagliato in cui qualcuno verrà immolato a perenne custode di questo fantastico incubo speleologico.

Matteo Rivadossi


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