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Pareti dell’Ucia: terza visita

Data palindroma quella di oggi, 02.02.2020. Questa volta siamo in tre: Max, Don e io.
Partiamo dal Ruchì; c’è un bel sole ma anche un bel vento; ci dirigiamo verso le pareti del Monte Ucia, buttando l’occhio in interessanti doline poco prima della cresta.
Il giorno prima Max e io abbiamo portato corda, moschettoni e attrezzatura personale già in cresta così da non avere troppi fardelli nell’avvicinamento odierno. Recuperati gli attrezzi e scelta la linea di calata, iniziamo a scendere da quota 1100 circa nel bosco molto ripido; dopo una trentina di metri si arma una calata a fianco della parete; scendiamo per altrettanti metri; la roccia finisce e ricomincia il ripido bosco. Da lì notiamo uno scaverno interessante e facilmente raggiungibile sulla parete più a Ovest; così, frazionato le corde sfruttando gli alberi, arriviamo a quello che dal basso sembra un bel freatico… e invece… nulla! E’ una deludente condotta circolare che chiude inesorabilmente dopo 1 metro e mezzo (“Antro Bastardo”). Scendiamo più sotto, nel ripido canalone fin dove arriva la corda da 160 m e poi raggiungo, con cordino e qualche fettuccia fissati su radice, un ingresso visto da sopra da Max. Trattasi di una nicchia di 1,5×1 m concrezionata, e nulla più.
Torniamo alla base della prima parete, delusi e già proiettati sul rientro, quando decido di controllare dall’altro lato, verso Est. Dopo poca boschina mi affaccio sul canale a fianco; di fronte a me la base della parete con, invitante, quello che sembra essere un bell’imbocco!
Purtroppo, una volta raggiunto, si rivela essere solo un antro con delle fessure ariose e con segni evidenti di passaggio umano. Arrivati anche gli altri due, risalgo qualche metro il piccolo canale semiverticale a fianco, trovando una condotta che finalmente entra per almeno 4 m inclinata verso il basso e sbuco in una graziosa saletta concrezionata dove si riesce a stare in piedi.
Torno fuori ad avvisare Don e Max e, mentre Don a sua volta si infila, vado a recuperare la trousse da rilievo. Anche il Don non fa molta strada: una diramazione intransitabile verso l’alto occhieggia nuovamente verso l’esterno; quella orizzontale chiude dopo un paio di metri, mentre alla base di un pozzetto di 3 m che si apre nel primo vano due corte diramazioni opposte diventano anch’esse presto intransitabili. La circolazione d’aria è presente, ma influenzata dai venti esterni. Sviluppo totale di “Palindroma” = 37m.
Rientriamo assetatissimi: furbescamente avevamo tutti lasciato l’acqua negli zaini in testa alla calata…. poco prima delle 19, rientriamo al Ruchì.
Giornata di per sé poco fruttuosa, ma importante per la continuazione della ricerca sistematica sulle interessanti e soprattutto ancora inviolate pareti del Monte Ucia, con l’intento di fornire un quadro ancora più dettagliato dell’insieme.

Vicky

selfie all'Antro Bastardo

l'invitante nicchia sotto a Palindroma

Don affacciato all'imbocco di Palindroma, Max nella nicchia sottostante

la saletta di Palindroma

piccola esplorazione

concrezioni

si rileva

Palindroma

Palindroma e Amaro Luciano


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