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Speleo torrentata al Tignalga

Venerdì 26 settembre

Oggi l’obiettivo, rigorosamente pomeridiano e feriale per la gelosia di vari amici, è raggiungere un paio di buchi che Matteo ha visto anni fa sulla parete destra di una forra fantastica: la Val Tignalga. Finalmente riesco anche a vedere il Mauri con la muta. Anzi, in versione torrentista figo con mutina nuova nuova e scarpine in tinta!
E’ una bella giornata fresca, d’autunno. Ma non vedo l’ora di entrare in acqua: oggi so che non avrò tanto da divertirmi perché non ci sono né tuffi né toboga in questo fiume, ma mi godrò uno spettacolo della natura veramente unico.
Alla prima calata scende Matteo che dopo poco sentiamo urlare versi incomprensibili: cominciamo bene, pensiamo noi! Ovviamente, essendo in una pseudo grotta e con il rumore dell’acqua, non si capisce nulla di cosa dicesse: ci guardiamo come quattro imbecilli perché nessuno capisce una sola parola di ciò che l’altro da sotto continua ad urlare. Alle tante deduciamo che forse, forse avrebbe bisogno di un’altra corda e così gliela caliamo. Evvai, ce l’abbiamo fatta! Matteo in effetti ha finito la corda a dieci metri da terra!
Siamo in un posto davvero meraviglioso: questa forra è una spaccatura nella montagna, molto stretta e con pareti laterali da più di 200 m, nelle quali l’acqua ha scavato delle forme magnifiche. Io rimango più volte senza fiato dallo stupore.
Tra le belle cascate che si susseguono ce n’è una davvero splendida da 25 m che è veramente qualcosa di stupendo, che nella vita almeno una volta bisogna vedere!
Procediamo spediti arrivando finalmente in vista delle due finestre da arrampicare. Matteo, assicurato da Benji, inizia a scalare i 10 m che ci separano dal più intrigante che ha l’aspetto effettivamente di una galleria tranciata. Raggiungerla sembra una cagata ma in realtà la roccia è piuttosto marcia, diciamo “franabile”, che richiederà un po’più tempo del previsto.
Nel frattempo io, Mauri e Pirlo ci aggiriamo attorno all’altro buco, posto un poco più in basso ma comunque difficilmente raggiungibile senza assicurarsi. Tento ugualmente di salire finendo in un boschetto di pungitopo che, in effetti con la muta non dovrebbe neanche dar noia se non fosse che, piccolo particolare, la mia muta era interamente aperta sul sedere! Così decido di scendere e tentare un’altra via: la pianta! C’era un albero proprio vicino alla parete: mi ci arrampico e quando arrivo ad una buona altezza, Pirlo mi lancia una corda che faccio girare attorno a un ramo. A questo punto però ci rendiamo conto che la roccia non è proprio così vicina da poter saltare serenamente di là e così, dopo avere fatto un po’ la scimmia, scendo attendendo con pazienza la salita degli altri.
Dopo 4 fix Matteo raggiunge il finestrone, che entra a meandro ascendente purtroppo chiuso dopo 7-8 metri circa deludendo le aspettative di anni di passaggi lungo la forra. Benji scala quindi l’altro buco trovando un passaggio che entra per 5-6 metri e anche questo però chiude non lasciando speranze.
Un po’ delusi ma comunque soddisfatti ripartiamo e, dopo una disarrampicata, ci caliamo in un ambiente quasi sotterraneo dove l’acqua passa attraverso alcuni archi di roccia creando una cascata davvero incredibile! Peccato che lo Smilzo (Pirlo) e il Nano (Benji) ci abbiano messo un secolo a scendere in coppia da questa calata: forse si sono fermati in intimità? Mah, non lo sapremo mai… L’unica cosa che siamo riusciti a vedere è che, dopo l’atteso arrivo del Nano, lo Smilzo è riuscito a prendersi tutta l’acqua addosso ribaltandosi completamente all’indietro!
E così, dopo 200 m di dislivello, eccoci sull’ultima corda: la mitica calata da 65 m detta cascata di Natone dove la forra si apre sulla grandiosa confluenza con la gola del San Michele la cui portata è alimentata da grosse polle sorgive (da questa l’importanza dei nostri propositi esplorativi). Diciamo che buttarsi fuori su un cascatone così fa sempre il suo effetto da farfalle nello stomaco, ma non ci rinuncerei per niente al mondo! Un posto che lascia davvero a bocca aperta.
Più volte ho rallentato la discesa per ammirare ciò che mi circondava, proprio per stamparmi nella testa quel momento e quelle immagini, così uniche, che mi hanno dato sensazioni stupende e sempre nuove! Tanto che, una volta sul fondo, col vento sferzante della cascata in faccia, mi sono sdraiata su una roccia a guardare in su, proprio per godere di ogni singola goccia d’acqua sul viso sorridente.
Da lì sembrava fossimo praticamente all’uscita: una mezzoretta di camminata verso monte (così diceva il Pota). In realtà ad ogni ansa il fiume continuava sempre più profondo e stretto sul fondo di una poderosa gola. Cascate da aggirare, frane, profondi guadi, altri imbocchi raggiunti con crolli di piramidi umane (no comment… ): una ravanata bestiale con le mute indosso tra greto del fiume e tracce di sentiero per più di un’ora! Ormai al tramonto arriviamo al ponte della strada tra Tremosine e Tignale: finalmente!
Stremati ma felici ci leviamo le mute aspettando Matteo che, da brava navetta, corresse a prendere l’auto posta a 4 km e ovviamente in salita!
A Toscolano una birra (o forse due…) e un’ottima pizza ci hanno poi risanato dal mitico pomeriggio passato a ravanare buchi in posti fantastici! Anche questa è speleologia.

Chiara

prima cascata da 40m

alla base della C.40

dalla base della seconda cascata

cascata disarrampicabile...

Matteo in arrampicata verso il primo ingresso in parete

il primo ingresso da dentro

Benji in arrampicata verso il secondo ingresso

all'uscita della cascata quasi ipogea

cascata da 8 metri

sul vuoto dell'ultima calata da 60 m detta Cascate di Natone

la cascata di Natone da sotto

la portata del torrente lungo la gola di San Michele


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