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Veliko-Halloween: riarmetto o scherzetto?


Ultima luce prima del buio..

Il GGB è rientrato dal Rombon

Contemporaneamente al riarmo è continuata nei giorni scorsi la fase di trasporto del materiale da campo e delle bombole da immersione. Il programma che inizialmente è andato troppo a rilento, fortunatamente ha accelerato il passo e con tutta probabilità in questo momento i sub Basek ed eventualmente Klimchouk potrebbero tentare l’immersione nel sifone finale che ricordiamo è gia stato esplorato fino a -43 metri da Guidotti nel 1997. Tra i soci del GGB che hanno dato una mano si distinguono due fanciulle (Katia e Serena) e un ragazzino appena maggiorenne (Andrea l’Anellide) che si sono portati 6 sacchi fino a -620 e il trio
Tanfo-Roby-Frizzi che con bombole al seguito sono arrivati a -1000 per poi uscire in clamoroso ritardo di circa una giornata alla… Un bel viaggio alla faccia dei datori di lavoro e degli amici fuori…
Un grosso aiuto è stato dato sopratutto dal patron di casa Roberto Antonini che ha guidato alcuni membri della spedizione attraverso l’abisso Gulliver, il nuovo ingresso basso che con 700 metri diciamo scomodi piomba comunque rapidissimo sulla verticale del campo di -1000. Un vantaggio decisivo sopratutto in caso di incidente.
Di seguito il racconto di Matteo appena rientrato in Italia.

Abbandonata ogni velleità subacquea che mi era costata circa un mese di paranoie, venerdi a mezzogiorno io, Lillo e due russi di 20 anni, dopo aver filato 500 metri di rigidissime corde ucraine nei sacchi, siamo entrati con il proposito di continuare l’attrezzamento dal campo di -620 in avanti. Bastano 50 centimetri sotto il frazionamento perché il sole negli occhi diventi un ricordo ed il respiro del gigante un vuoto magnetico. Due, poi tre sacchi da -250, la sacca d’armo a metà del 170, i moschettoni due qui due là ogni fraz, tutto come spiegato da Oleg: arrivo al lago Tripoli appesantito come una matrioska. Quella più grande, ovviamente…
Qui Lillo con due sacchi immondizia a mo’di calzari si trasformerà in un patetico gatto con gli stivali. Dopo il campo ecco la galleria da urlo vista su Progressione 17 anni fa, uno scatto da sballo a firma dello zio Fox.
Ci abbassiamo in un bel canyon e iniziamo ad armare meccanicamente notando presto l’ingordigia del gigante: lui pretende corde per il doppio del suo dislivello tanto che i due ventenni restati senza sacco ci mollano presto sul baratro del Galaxica.
Noi finiti i prossimi 160 metri di corda resteremo soli con solo due sacchi e spiritati dal proposito di vedere il fondo. Alla base del Freezer a -850 tra un delirio di vento ed acqua finiamo anche l’ultimo metro del nostro filo di nylon. Adesso ci godremo l’isolamento e la meraviglia di queste sezioni oltre a qualche meritato brivido sulle corde marce da 18 anni. Come sul pozzo del Traverso disarmato dalle piene dove devo scendere in libera e annodare addirittura 6 spezzoni di corda per farne una decina di metri con cui pendolare nel fragore di una cascata da 30: alla prossima cazzata però torniamo, OK Lillo?
Dopo un saliscendi fossile e corde più decenti, Rio Kubo e Acqualung ci tolgono le parole. Ormai dovremmo esserci perché l’altimetro segna l’esoterica quota dai 3 zeri.
Mentre aspetto sull’ultima cordina vivo l’allucinazione sconvolgente di sentire voci. Ci risiamo, penso ma poi diventano parole e un chiarore inequivocabili: chi sarà e da dove sarà entrato?
L’incubo da fulgido diviene spietato quando mi si presenta Denis vestito da trekking spiegandomi di essere venuto da un nuovo facile percorso!
Per una frazione di secondo immagino il tunnel dell’EDF che arriva in La Verna: no, la realtà è che Denis, Irina e Denek sono entrati da Gulliver con Roberto e Scarno.
Entro nel tendone salutando i padroni di casa ancora incredulo con lo sguardo che nemmeno i lillipuziani avevano nel vedere il gigante…
Ok, se era uno scherzo è riuscito davvero e ci corichiamo nei sacchi. Difficile però chiudere occhio: troppe domande da fare a Beccuccio, troppa emozione e troppi anni senza conoscersi, formalità da diluire tra vari the russi amari e un italianissimo brodo con cappelleti.
L’indomani proseguiamo verso il fondo. Ci fermiamo a guardare la pietra che ha messo fine alla vita di Heidi e ha cambiato quella di chi c’era in quel maledetto gennaio del 90. Un po’ di materiale sparso da allora marca questa franetta anonima ed irreale.
Beccuccio e Scarno si sono conosciuti qui e la loro emozione riesce ad essere anche un po’ nostra.
Dopo la Grande Muraglia le morfologie di crollo prenderanno il sopravvento ma Lui, il Veliko, resterà monumentale per poi sparire definitivamente nel nero del Ciclope, 400 metri di vuoto e frane.
I russi continuano in basso per il poco d’armo che resta verso il fondo, noi a sentirci gli ospiti d’onore di chi ci ha preceduto in questi posti senza tempo. All’estremità del ramo seguendo l’aria riattrezziamo il rametto che porta nel posto più lontano dall’ingresso difficile da disostruire ma non unica via attraverso cui il respiro possente della montagna ritorna ad essere libero.
Tornando al campo io e Lillo ci infiliamo rapidamente nel ramo che porta verso il fondo: due pozzi
poi la bianca enorme Galleria dei Tre. Una strettoia e la strada diventa la stessa del collettore, un centinaio di metri fino a sua maestà il Sifone. Un lago perfetto per un fondo perfetto, un enchanted place magnetico e troppo bello per non sognare di immergersi, 1200 metri sotto la luce del sole negli occhi…
…senza parole.


Al campo con il dottore


Il campo “bunker”


Lillo


Lillo dalla bocca del Veliko


Il “gatto con gli stivali” nel lago di – 620


Si preparano i sacchi


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